Passato il clamore della polemica, Arnau de Vilanova scrive le opere più spirituali. Riprende le riflessioni sul verus fidelis. Il concetto di “vero cristiano” diventa l’asse di tutto questo periodo: lo definisce, trae conseguenze, lo promuove in vari ambiti. Contro il cristianesimo semplicemente sociologico di quelli che si definiscono cristiani solo per costume più che per convinzione, Arnau propone un cristianesimo sentito, vissuto, interiore, ma allo stesso tempo molto impegnato socialmente. Se Gesù Cristo dette esempio di umiltà, di carità e di povertà, di disprezzare le cose terrene, di evitare onori, ecc, il cristiano deve seguire questa strada. Il cristiano deve imitare Gesù Cristo, arrivare ad essere un “piccolo Cristo” (christinus).
Arnau si rende conto che il cristianesimo del tempo era molto superficiale. Era necessario, quindi, riformarlo. E per fare ciò, elaborò programmi per re, per la Santa Sede e per gruppi specifici di cristiani. I beghini cercavano di vivere un cristianesimo abbastanza simile a quello predicato da Arnau.
Lo spiritualismo moderato del primo periodo tende a radicalizzarsi. Arnau de Vilanova contrappone con sempre più forza la realtà celestiale a quella materiale. Solo quando l’essere umano agisce secondo il suo spirito si trasforma autenticamente persona e figlio di Dio, deve sapersi elevare, quindi, sopra la realtà materiale, la quale, se ne è dominato, lo mette allo stesso livello delle bestie. Il vero cristiano ama le cose celestiali e disprezza quelle terrene.